L’Italsider e la casa: il bene più importante, per tutta la comunità.

Alla fine degli anni Quaranta, per far fronte all’emergenza abitativa, il parlamento italiano votò un provvedimento destinato a incidere profondamente sul tessuto urbanistico ed edilizio del nostro paese, con importanti ricadute sulle aree che ospitavano insediamenti industriali di vario tipo, fra le quali quelle degli stabilimenti Italsider: il cosiddetto “piano Fanfani”, dal nome dall’allora ministro del lavoro e della previdenza sociale, nacque infatti con il duplice obiettivo di rilanciare il settore edilizio creando posti di lavoro e distribuire alloggi economici a famiglie con redditi bassi, in gran parte sfollate. 

All’interno di una struttura speciale dell’INA venne così creato un apposito fondo cui furono chiamati a contribuire congiuntamente stato, datori di lavoro e in misura volontaria i lavoratori stessi. I lavori iniziarono rapidamente, e in breve tempo le famiglie dei dipendenti di diverse aree del nostro paese presero possesso di abitazioni nuove e sane. Il piano (anche noto come “INA‑Casa”) ebbe un forte impatto anche per i dipendenti Italsider e per loro famiglie, in particolare nelle aree di Bagnoli e Taranto: qui, la vicinanza delle abitazioni ai siti industriali ridusse drasticamente i tempi di pendolarismo, migliorando la qualità della vita quotidiana. 

Migliaia di operai vennero impiegati nel settore delle costruzioni, e la domanda di materiali, tra cui cemento e laterizi, crebbe, stimolando ulteriormente la produzione industriale. Nei quartieri operai, formatisi intorno alle “case Italsider”, si instaurò così un fortissimo senso di comunità e appartenenza, come testimoniano le numerose immagini che documentano le occasioni pubbliche di consegna delle chiavi, veri e propri momenti di festa per l’intera collettività aziendale.